La stragrande maggioranza delle feste paesane sono di matrice religiosa, anche se in esse compaiono non di rado degli elementi superstiziosi e di natura magica, dovuti al grande bisogno di assicurarsi la protezione celeste contro le calamità naturali, anche dette “le forze del maligno”.
E’ per questo che alcune feste, sentite soprattutto dai contadini, seguono il ciclo dell’anno agrario, mentre altre sono pura espressione della pietà popolare. Esse sono gestite nella maggior parte dei casi da un priorato, scelto “per volontà del santo” il giorno della festa, infatti, finita la messa, vengono estratti a sorte dei bigliettini con i nominativi di chi vuol far parte del “sotziu”, fra questi bigliettini è presente anche uno con il nome del santo, sarà priore per l’anno successivo quello che verrà estratto immediatamente dopo il nominativo del santo di cui si celebra la ricorrenza.Dalla direzione del fumo si traevano auspici per l’annata agraria, mentre le ceneri venivano raccolte a scopo terapeutico contro le malattie addominali dei bambini.
S. Antoni e s’ocu (S. Antonio del fuoco) 16 GENNAIO :
è una delle feste in cui maggiormente si avverte una forte carica sociale e rituale, legata alla preparazione ed accensione di un grande falò (base 14 m di diametro, altezza 11 m circa) in onore del santo.
A partire dal mattino dell’Epifania, con carri trainati da buoi, motocarrozzette e camion di ogni tipo, gli abitanti del paese, da soli o in comitive organizzate, provvedono alla raccolta ed al trasporto di legna (lentischio, cisto, corbezzolo, rosmarino, rami d’olivo, pino e cipresso), che ammucchiano all’interno del vasto cortile della chiesa di S. Antonio dove, accanto alla vecchia torre pisana, è stato in precedenza piantato un alto palo di cipresso (su pirone). Il pomeriggio del 16 Gennaio, vigilia del della festa di S. Antonio, all’imponente catasta di legna viene data una forma conica col vertice sormontato da una grande croce di arance. Alle 17:30 il sacerdote benedice il falò che viene immediatamente acceso in più punti. La grande folla che segue la cerimonia inizia, a guisa di un anello rotante, a compiere intorno al falò i tre giri rituali, mentre, sfidando le fiamme, un gruppo di ragazzi si avventura alla conquista delle arance della croce. Nel frattempo all’interno delle stanzette vicine, il priorato offre ai visitatori vino, caffè, e soprattutto il dolce tipico di questa festa “su pistiddu” (dolce a base di farina, miele ed aromi naturali) e “su pane nieddu” (farina miele lievito e sapa). Contemporaneamente a questo, che potremmo definire il falò della comunità, si accendono nei rioni del paese (in un cortile, una piazzetta ecc.) altri falò di forma simile, ma di dimensioni molto più ridotte, allestiti da singole famiglie per assolvimento di un voto fatto al santo.
Grazie alla ininterrotta vitalità delle tre confraternite oroseine, i riti della settimana santa conservano ancora oggi elementi suggestivi che, al di là di una evidente teatralità dei gesti, mettono ben in risalto la religiosità popolare, interprete, talvolta in maniera originale ed autonoma, dei misteri principali della religione cattolica. Non è facile capire, da semplice spettatore, la complicata dialettica che si instaura fra i tre gruppi : insegne, simulacri, canti, posizione assunta nelle processioni, non sono casuali, ma rispondono a un preciso cerimoniale tramandato a voce da secoli.
Le cerimonie più spettacolari si hanno in tre processioni, che prendono il nome da “sos sepurcros, su brossolu, s’incontru” e che si svolgono rispettivamente il giovedì, il venerdì e la mattina di pasqua :
1) Sos sepurcros (i sepolcri) che si apprestano con grande cura nelle otto chiese che verranno visitate dalla processione, sono delle composizioni floreali (caratteristici sono i “nenneres”, piatti composti da alti steli di erbe fatte germogliare al buio) il cui centro geometrico è costituito dal Cristo morto.
2) Su brossolu (culla) è la bara in cui viene adagiato il simulacro. Nella processione a su brossolu, si accompagnano anche due gruppi chiamati della Maria e della Croce.
3) S’incontru celebra l’incontro tra il Cristo risorto e sua madre.
La drammaticità degli avvenimenti raccontati viene sottolineata momento per momento dal canto melanconico dei “gogos”( in lingua sarda), eseguito dal coro dei confratelli. Nel momento dell’incontro esplode invece la gioia con nutrite scariche di salve di fucile.
Stessa funzione si coglie nell’abito tradizionale delle consorelle : gonna e corsetto neri in segno di lutto, e gonna marrone e corsetto in velluto verde e viola o cremisi in segno di festa.
Processione di S. Isidru (S. Isidoro) 15 Maggio c.ca
E’ una processione molto semplice in onore di S. Isidoro agricoltore. Dalla mattina presto gli agricoltori, che costituivano in passato la porzione più consistente della popolazione, sono in frenetica attività per addobbare con ogni genere di fiori i loro carri, ai quali aggiogheranno i buoi, egualmente inghirlandati e aventi al collo una o più campanelle. Al centro del giogo non mancherà mai un mazzo di spighe, appositamente scelte e conservate dall’anno precedente. Verso le 10:30 i carri carichi di ragazzi in costume tradizionale, convergono tutti nello spazio della chiesa delle Grazie da dove partirà la processione con al seguito il simulacro del santo.
Festa di S. Maria ‘e mare ultima settimana di Maggio
L’elemento più caratteristico è la processione. Questa parte, verso le 17:00 dalla chiesa di S. Giacomo : simulacro della santa, confraternite, gruppi in costume tradizionale e l’immancabile folla di devoti sono gli elementi che più la vivacizzano. Arrivati al fiume Cedrino, dove attende un gran numero di curiosi, la statua, il sacerdote, i confratelli prendono posto sulle barche infiorate dai pescatori. Dopo un momento di frenetica agitazione, il gruppo si ricompone pronto alla partenza : le barche (una quindicina), con in testa quella della santa, si dispongono in lunga fila e, scivolando lente lungo il fiume, raggiungono, dopo circa due km, la chiesetta presso la foce. Intanto il resto del corteo accompagna a piedi lungo l’argine le barche. Queste arrivate all’altezza della chiesa, prima di approdare sulla riva, si allineano in modo da lasciare al centro quella della santa, che per prima toccherà terra. In questa occasione il priorato offre ai presenti dei panini ai frutti di mare.
Novene della Madonna del rimedio Il venerdì della prima sett. di settembre
E’ la festa più lunga (18 giorni) ; entro la cornice del celebre santuario mariano, sacro e profano si armonizzano perfettamente. Di essa parla il premio Nobel Grazia Deledda nel più noto dei suoi romanzi, “Canne al Vento”. Il rito, da allora quasi immutato, si rinnova ogni anno : Il venerdì della prima settimana di settembre circa cento famiglie (la maggior parte di Orosei ma anche dei centri vicini) si trasferiscono con le loro masserizie al santuario, occupando ciascuna una delle “cumbessias” assegnate a sorte. Qui dormiranno, mangeranno, ospiteranno parenti e amici, intratterranno buoni rapporti con i vicini di camera per tutto il periodo delle due novene.
Il giorno della festa (seconda domenica di settembre), l’animazione arriva al suo punto massimo : all’ora di pranzo, il gran numero di ospiti fa allungare le tavolate, tanto da offrire l’immagine di un unico, animato banchetto disposto ad anello entro il recinto delle cumbessias. Un apposito comitato di cinque persone dirige la vita di questa temporanea, eterogenea comunità e cura le immancabili manifestazioni civili (gare di rima cantata improvvisata, balli folcloristici, ecc), improntate alla valorizzazione della tradizione locale.
Altre feste(S. Giacomo 25 luglio) e sagre (del porcetto, del dolce sardo, delle pesche, del pesce) vengono organizzate nel periodo fra luglio ed agosto
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